Entro la fine dell’anno i pubblici ministeri della Capitale hanno intenzione di definire l’ultima indagine sul disastro di Ustica. E’ questa l’intenzione che si è registrata a piazzale Clodio dopo un vertice tra il procuratore capo Francesco Lo Voi, l’aggiunto Michele Prestipino e il pm Erminio Amelio. All’esito della riunione durata oltre un’ora non sarebbe poi emersa l’esigenza di ascoltare l’ex presidente del consiglio Giuliano Amato che nei giorni scorsi ha rilasciato alcune dichiarazioni sulla vicenda. E’ questa la decisione degli inquirenti della Procura di Roma – secondo quanto si è appreso – a fronte dell’analisi degli elementi già agli atti, sia delle diverse inchieste succedutesi negli anni che dalle deposizioni fatte nei processi dall’ex premier e presidente emerito della consulta.
Ieri l’ex parlamentare e avvocato Carlo Giovanardi, ha avanzato “istanza formale” al procuratore della Repubblica di Roma per essere sentito come persona informata sui fatti sul disastro aereo del DC 9 Itavia alla luce delle recenti dichiarazioni dell’onorevole Giuliano Amato, di cui non esiste traccia a livello governativo e parlamentare”. Nell’istanza, ha aggiunto Giovanardi, “ho ricordato di aver ricoperto la carica di ministro per i rapporti con il Parlamento nella quattordicesima legislatura e quella di sottosegretario alla presidenza del consiglio nella sedicesima” ed in ragione di tutto ciò “di aver più volte in quel ruolo informato il Parlamento in maniera esaustiva e dettagliata che nel processo penale i generali dell’Aeronautica sono stati pienamente assolti da ogni addebito nei loro confronti”. Inoltre, sempre secondo Giovanardi, “agli atti del processo è depositata una perizia firmata da undici dei più famosi periti italiani che con certezza assoluta accerta che il DC 9 Itavia è stato abbattuto dalla esplosione di una bomba collocata nella toilette di bordo, mai smentita da successive perizie”. Poi “nella sentenza di appello si esclude categoricamente che ci sia mai stato missile o battaglia aerea, ipotesi bollata dai giudici come ‘da fantascienza’”.
Per Giovanardi “da tutta la documentazione richiesta e ottenuta dal governo dagli alleati e dalla Nato, è stato possibile identificare uno per uno tutti gli aerei in volo quella sera sul Mar Tirreno, nessuno dei quali si trovava nella zona in cui esplose il Dc 9; di aver potuto consultare e annotare come membro della commissione di indagine sulla morte di Aldo Moro, nella diciassettesima legislature, le carte desecretate dal governo Renzi ma riclassificate segretissime, relative al crescendo di minacce della ‘resistenza palestinese’ dopo l’arresto nell’ottobre del 1979 del referente dell’Olp a Bologna Abu Saleh, processato e condannato per il trasporto di missili terra aria ad Ortona, culminate il 27 giugno mattino con l’avvertimento da parte del colonnello Stefano Giovannone da Beirut che eravamo nell’imminenza di una rappresaglia, già precedentemente annunciata da gruppi estremisti palestinesi, ‘con vittime innocenti'”.
Giovanardi informa “di essere stato diffidato più volte dal rendere note quelle carte, formalmente l’ultima volta nel corso di una convocazione ufficiale a palazzo Chigi da parte del presidente del consiglio Giuseppe Conte, che mi fece ripetere dal capo di gabinetto Alessandro Goracci e dal responsabile del Dis Giuseppe Vecchione che le carte dovevano rimanere segrete per tutelare l’interesse nazionale, concetto notificato per iscritto anche alla signora Giuliana Cavazza, la cui madre perse la vita nel disastro di Ustica”. Ma queste “carte viceversa sono state declassificate dai Governi Draghi e Meloni e sono attualmente depositate all’archivio di Stato”.