Cronaca

Cosa rivela pubblicazione contratto Ue-AstraZeneca

E’ stato finalmente pubblicato dalla Commissione europea, oggi a Bruxelles, il “Contratto di fornitura anticipato” fra l’Ue e AstraZeneca per i vaccini anti Covid da consegnare agli Stati membri nei prossimi meso. Ma l’azienda farmaceutica anglo svedese, invocando il segreto commerciale, ha chiesto e ottenuto di rendere illeggibili molte parti del testo, oscurandole con una striscia nera. Un piccolo giallo si è verificato nel pomeriggio, quando è emerso che alcune frasi oscurate potevano essere rimesse in chiaro usando un’applicazione di “Acrobat”. La Commissione ha provveduto più tardi a cambiare il testo pubblicato, con una nuova versione in cui l’applicazione non funziona. Ma nel frattempo è stato rivelato (paragrafi 7.4b, 7.4c e 7.4d) l’ammontare totale che l’Ue si è impegnata a pagare (e in parte ha già pagato) per i 300 milioni di dosi del vaccino di AstraZeneca già acquistati. La cifra totale, che era finora segreta, è di 870 milioni di euro.

Dal contratto risulta inoltre che la Commissione si era impegnata per un pagamento anticipato di 336 milioni, con una prima tranche di 227 milioni (i 2/3) versata cinque giorni dopo l’entrata in vigore del contratto, il 27 agosto scorso. Questi soldi dovevano servire a finanziare la costruzione della capacità produttiva necessaria di AstraZeneca necessaria a fabbricare gli stock delle “Dosi Iniziali” (in maiuscolo nel testo) destinate agli Stati membri, subito dopo il via libera alla commercializzazione del vaccino nell’Ue, che è arrivato ieri. Per il resto, il contratto conferma (paragrafo 5.4) che due fabbriche di AstraZeneca nel Regno Unito sono incluse fra gli impianti in cui dovevano essere prodotti i vaccini destinati all’Ue, insieme a quelli europei. E contiene una dichiarazione molto precisa (paragrafo 13.1) in cui la casa farmaceutica affermava di non essere “sottoposta ad alcun obbligo, contrattuale o altro, verso nessuna persona o parte terza” che fosse “in conflitto o incoerente” rispetto ai termini dell’Accordo con l’Ue, o che “potrebbe impedire il completo rispetto degli obblighi previsti dall’Accordo” per quanto concerne “le Dosi iniziali europee” del vaccino.

Questi due punti contraddicono il Ceo di AstraZeneca, Pascal Soriot, che aveva sostenuto che la catena produttiva britannica è separata da quella dell’Ue ed è sottoposta all’obbligo di rifornire di vaccini il Regno Unito, secondo un contratto che è stato concluso tre mesi prima di quello europeo, e che ha dunque la precedenza. Il punto che invece resta ambiguo, anche perché le frasi oscurate non permettono di chiarirlo ulteriormente, è quello della clausola del “Best Reasonable Effort”, che compare ripetutamente nel contratto. Annunciando un taglio massiccio (del 60%) per il quantitativo di dosi da consegnare agli Stati membri entro fine marzo, a causa di un problema di produzione in uno stabilimento in Belgio, Soriot si era appellato a questa clausola per sostenere che in realtà non c’e un obbligo di risultato riguardo alla fornitura delle dosi iniziali, ma solo l’impegno della ditta a “fare del proprio meglio”.

La Commissione sostiene invece che l’obbligo di risultato è evidente, che il “best effort” è una “formula standard” di questo tipo di accordi, relativa al fatto che l’autorizzazione del vaccino, al momento della firma del contratto, era ancora relativamente lontana e non era sicura al 100%. Funzionari dell’Esecutivo comunitario hanno spiegato oggi che l’azienda è tenuta a “fare del proprio meglio” nel senso che esiste una variabile indipendente dalla volontà del produttore (l’autorizzazione del vaccino) che potrebbe vanificare i suoi sforzi; ma, a parte questo, deve garantire il rispetto dei termini del contratto relativi alla variabile sotto il suo controllo, ovvero l’incremento della sua capacità di produzione, per poter consegnare il numero di dosi concordate (e già pagate), alle scadenze previste. Quello che è certo è che non c’è tempo per rivolgersi ai giudici per avere un’interpretazione univoca del “best effort” e sapere chi ha ragione. Il verdetto arriverebbe “a babbo morto”, come di dice in Italia, ben oltre il periodo critico dei prossimi mesi in cui deve essere realizzata urgentemente la vaccinazione di massa negli Stati membri. L’Ue e AstraZeneca sono già condannate tutte e due: condannate a intendersi, e a trovare una soluzione quanto prima. askanews

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