Di candidature alle elezioni europee, non è disposta ad aprire bocca. Invana l’insistenza del cronista. D’altronde, la matassa è più che ingarbugliata. Di certo lo è per i leader dei partiti che in queste ore sono impegnati in una delicatissima partita a scacchi. Per alcuni, anche vitale. Allora, parleremo solo della riforma delle Province, con l’assessore regionale alle Autonomie locali, Patrizia Valenti e su cui sta lavorando da circa un anno.
Riforma delle Province più volte annunciata. A che punto siamo?
“Dopo anni di riflessione e ipotesi di modelli possibili è stato esitato un testo dalla commissione Affari istituzionali dell’Ars e che, in pratica, si articola in tre disegni di legge collegati tra di loro: una norma che individua il modello di Consorzio di comuni e di città metropolitana; un’altra è relativa alla proroga del regime commissariale; e la terza bozza legislativa individua eventuali incompatibilità di incarichi da affidare all’interno dei futuri enti nascenti. Dal confronto è emerso la necessità che nessuna riforma dell’Ente intermedio può essere fatta, se a cascata non si interviene sull’ente locale, e quindi sul Comune, e a sua volta, non si interviene pure sull’organizzazione della Regione. In altri termini, la sfida è che la Regione, nel corso dei decenni, è diventata una macchina sempre più complessa e sempre più rivolta alla gestione, mentre invece avrebbe dovuto mantenere il suo compito di indirizzo e programmazione”.
Perché c’è un ddl specifico per il commissario?
La riforma non si può attuare se non per fasi successive che sono scandite e intercalate da prossimi disegni di legge che dovranno essere approvati. La legge, in sostanza, definisce in prima applicazione il perimetro urbano dando sei mesi di tempo ai Comuni limitrofi per potere aderire e scegliere di far parte della Città Metropolitana; il secondo step è un nuovo disegno di legge che definisca con dei nomi i Consorzi che sono nati e come sono state definite le Città Metropolitane. In questo ddl, verrà definito anche il trasferimento di funzioni, da fare dopo che si sono aggregati i Comuni in maniera libera. In realtà dalla discussione è emerso l’impegno del governo a presentare in Aula un emendamento che definisca sin da ora le sole funzioni delle Città metropolitane e del Comune”.
E il ddl per il commissario?
“Siccome dobbiamo necessariamente prevedere una proroga del regime commissariale, serve una nuova norma. E non necessariamente saranno affidati gli incarichi agli stessi commissari, anzi è proprio la legge che dice, esplicitamente, che dovranno essere di nuova nomina e per la quale bisognerà fare un nuovo provvedimento. In ogni caso, il nuovo regime commissariale non dovrà andare oltre il 30 ottobre, perché dobbiamo avere dei tempi chiari per evitare che gli enti restino commissariati”.
Conoscendo i tempi del legislatore, possiamo azzardarci nel dire che all’inizio del prossimo anno i Consorzi dei Comuni già saranno operativi?
“Ragionevolmente sì. Perché sulle funzione stiamo facendo un lavoro molto attento che implica, tra le altre cose, trasferimento di risorse e personale che va salvaguardato nella sua forma contrattuale esistente e che chiaramente tutto questo processo non deve dare discontinuità di servizio alla popolazione. Tutto sarà fatto con consultazione sindacale, nel pieno rispetto dei contratti esistenti e tenendo conto anche che ci sono delle società partecipate in house che hanno del personale che lavora e che è utilizzato dalla Provincia per l’erogazione di servizi. C’è pure il problema dei mutui e delle entrate su cui stiamo lavorando con il ministro Graziano Delrio (titolare degli Affari regionali, ndr).
Detta così, tutto fila liscio. Eppure dal fronte politico arriva più confusione che altro. Trasversali i malcontenti. Ognuno vorrebbe un Consorzio ‘su misura’. Qual è il pomo della discordia.
“Lo scoglio maggiore è il timore di cambiare modello. Perché, nella sostanza, c’è sicuramente una condivisione generale su 2 principi : l’alleggerimento delle funzioni da parte della Regione e la necessità di accorpare gli uffici periferici della stessa amministrazione regionale. Dove non c’è l’accordo è nel trovare il modello che, effettivamente, possa essere il più convincente: c’è chi è più affezionato alla vecchia Provincia perché magari ci sono state delle amministrazioni che hanno fatto, effettivamente, un’opera meritoria nel territorio…”
Scusi. Detta in maniera schietta: i maligni sostengono che la politica non vuole la riforma perché verrebbero a mancare organi di governo, spesso fonti di clientele, linfa vitale per la stessa politica.
“Anche su questo c’è stata una discussione molto accesa e che ha determinato proprio la nascita di questi disegni di legge separati. In sostanza, se noi creiamo questi enti di area vasta con queste funzioni così rafforzate è corretto parlare di elezioni di secondo livello o piuttosto dovremmo tornare alle elezioni di primo livello? Almeno per il presidente o per tutti gli organi elettivi? La gratuità delle cariche è effettivamente corretta. Ma visto che sono organi così rafforzati è legittimo che gli amministratori abbiano un giusto compenso, senza esagerare, ma riconoscere il fatto che devono dedicare del tempo della loro attività alla gestione di questo ente?”.
Quindi…
“Da qui la possibilità di fare un referendum per chiedere alla cittadinanza se sono più corrette le elezioni dirette o quelle di secondo livello. E’ chiaro che se l’aula desse il via libera alla consultazione popolare, verrebbe interrotto qualsiasi processo legislativo, quindi l’iter della legge stessa. Come, per ritornare ai commissari, se si dovesse decidere di fare il referendum, che ha dei tempi che vanno al di là di quelli previsti dal ddl, sarebbe necessaria la proroga del regime commissariale”.
Quanto ci crede all’ipotesi di referendum?
“Devo dire che la maggior parte dei deputati in Commissione era favorevole. Quindi se i deputati riflettono le forze politiche, ci sarà molta adesione a questa proposta”. Io credo che, comunque, vista l’entità della riforma, adottare sistemi dei più democratici possibili è assolutamente un elemento di forza. Io per prima ho aperto la consultazione on line sul sito della Regione, abbiamo fatto la prima tornata di consultazione con oltre 6000 accessi di cui il 50% viene da fuori Sicilia. Il che vuol dire che c’è una forte attenzione da parte di tutta Italia di quello che sta succedendo nella nostra regione. Poi, andando a fare uno screening su quali sono stati i quesiti maggiormente cliccati, proprio quello sulle funzione ha riscosso il maggior successo. Il che vuol dire, che le persone hanno voluto partecipare al dibattito soprattutto per quanto riguarda l’individuazione delle funzioni, appunto”.
Assessore, ma a gennaio partiranno realmente i Consorzi?
“Me lo auguro, perché in effetti il lavoro è stato molto corposo e soprattutto, ripeto, ha coinvolto tantissime persone, dagli studiosi universitari, docenti che hanno lavorato con noi, gli amministratori locali, e ho riscontrato in questo anno tanto interesse”.