Per Nicola Maduro il voto di ieri è stato un successo e una vittoria, per l’opposizione un fallimento. In Venezuela l’elezione dell’Assemblea costituente voluta dal presidente conferma la profonda spaccatura del Paese latinoamericano, con dati contrastanti sull’affluenza e un bilancio da guerra civile, tra i 10 e i 16 morti. Accusati dal capo dello Stato di complottare per destituirlo, gli Stati Uniti hanno condannato con toni durissimi il voto di ieri e hanno prospettato sanzioni. Il muro contro muro intanto continua: il fronte anti-Maduro ha invitato la popolazione a insistere con le proteste, di nuovo oggi e poi mercoledì, giorno dell’insediamento dell’Assemblea costituente chiamata dal presidente a cambiare la carta fondamentale, con un ridimensionamento del ruolo del parlamento a favore di organismi assembleari locali. Secondo il consiglio elettorale nazionale, più di 8 milioni di venezuelani, pari al 41,53% degli elettori, hanno votato ieri, un dato definito “straordinario” dal presidente del Consiglio elettorale nazionale, Tibisay Lucena. Perché se da una parte significa che meno di un elettore su due si è mobilitato, dall’altra al referendum ‘informale’ convocato dall’opposizione a metà luglio proprio contro l’Assemblea costituente hanno votato un po’ più di sette milioni di venezuelani.
Infatti chi contesta il regime di Maduro ha sostenuto che i dati reali sull’affluenza di ieri sono ben più bassi. Il deputato Henry Ramos Allup del Tavolo dell’Unità Democratica (MUD) ha scritto su Twitter che solo 2,5 milioni di aventi diritto si sono recati alle urne sui circa 19,4 milioni di elettori, ovvero “l’88% ha deciso di asternersi”. Anche sulle vittime degli scontri di ieri i resoconti da una parte e dall’altra stridono. Dopo il voto, il governo ha evitato di fornire bilanci delle vittime, mentre per l’opposizione negli ultimi due giorni ci sono stati 16 morti e la procura ha parlato di 10 persone uccise solo ieri, tra queste due minori e un candidato all’Assemblea costituente. L’ufficio del procuratore generale è d’altronde in rotta di collisione con Maduro, che ha minacciato di rimuovere il procuratore in carica Luisa Ortega, chavista di vecchia data che ha però rotto con il governo, e di assumerne personalmente le funzioni. Se la situazione sembra precipitare verso il caos e l’opposizione parla di un eloquente flop nella partecipazione, Nicolas Maduro ha dichiarato vittoria e ha messo in chiaro di volere andare avanti sulla strada da lui tracciata.
“Abbiamo un’Assemblea costituente”, ha detto davanti a centinaia di sostenitori riuniti nel centro di Caracas, “si tratta del voto più importante che la rivoluzione abbia mai avuto in 18 anni di storia”, ha aggiunto, facendo riferimento all’anno in cui Hugo Chavez arrivò al potere. Gli Stati Uniti hanno intanto duramente condannato il voto, prospettando “forti e veloci azioni” contro il governo di Maduro. “Gli Usa condannano l’elezione imposta il 30 luglio per l’Assemblea Costituente Nazionale, concepita per rimpiazzare l’Assemblea Nazionale legittimamente eletta e per minare il diritto del popolo venezuelano all’autodeterminazione”, ha detto la portavoce del Dipartimento di Stato americano, Heather Nauert, in una nota. Nel comunicato del Dipartimento di Stato, gli Usa si dichiarano “a fianco del popolo del Venezuela e dei loro rappresentanti costituzionali, nella loro volontà di far tornare il loro Paese allo stato di prospera democrazia”. Quindi, aggiunge la portavoce a nome degli Stati Uniti, “continueremo ad assumere azioni veloci e forti contro gli architetti dell’autoritarismo in Venezuela”. Anche l’Ue ha condannato l’elezione voluta da Maduro, come pure l’hanno criticata vari Paesi della regione, dall’Argentina, al Brasile al Messico.