Venezuela sotto assedio, Nicolás Maduro pronto a giurare il terzo mandato consecutivo
La cerimonia di giuramento vedrà una presenza minimale di capi di Stato e di governo. Nel paese regna un clima di contestazione diffusa, con accuse di brogli elettorali
Domani, il presidente Nicolás Maduro si appresta a giurare per un nuovo mandato di sei anni alla guida del Venezuela, un evento che segna il terzo consecutivo per il leader chavista. Questa riconferma avviene in un clima di contestazione diffusa, con accuse di brogli elettorali che provengono sia dall’opposizione interna che da osservatori internazionali, sullo sfondo di una crisi economica e sociale che ha devastato il paese, e di un isolamento politico che si fa sempre più evidente.
Secondo le indiscrezioni, la cerimonia di giuramento vedrà una presenza minimale di capi di Stato e di governo. Anche paesi che in passato hanno mostrato una certa benevolenza verso il regime di Caracas come il Brasile e la Colombia, optano per inviare solo rappresentanti diplomatici. A testimonianza della crescente diffidenza internazionale, il governo venezuelano non ha ancora divulgato la lista ufficiale degli invitati, una scelta che lascia presagire un evento segnato più dall’assenza che dalla presenza di leader globali.
Il regime chavista, nonostante le difficoltà, continua a mantenere una presa salda sul potere per due motivi principali. Il primo è la paura diffusa di un ritorno all’oligarchia di destra, temuta per i suoi trascorsi di corruzione e disuguaglianza. La seconda ragione risiede nel solido appoggio delle forze armate, un’eredità del fondatore del chavismo, Hugo Chávez, che ha sapientemente coltivato lealtà tra i ranghi militari, trasformando i generali e i colonnelli in beneficiari diretti delle politiche del governo.
L’opposizione venezuelana si trova in una situazione precaria. Il loro candidato presidenziale, Edmundo Gonzalez, è in esilio in Spagna, mentre Maria Corina Machado, una delle figure più carismatiche del fronte anti-Maduro, vive nascosta per sfuggire a potenziali arresti. Dopo le elezioni, il regime ha dimostrato una dura repressione contro qualsiasi forma di dissenso, utilizzando la forza per mantenere l’ordine pubblico, il che rafforza ulteriormente la posizione delle forze armate come pilastro del potere chavista.
Nonostante l’isolamento internazionale, la caduta di Maduro non appare immediata. Per scalzarlo dal potere, sarebbe necessaria un’opposizione che non solo sia percepita come democratica ma che riesca anche a promettere un miglioramento reale delle condizioni di vita per la popolazione, senza rievocare un passato di disuguaglianza e repressione. Tuttavia, il regime sta perdendo consenso, come dimostra l’esodo di oltre sette milioni di venezuelani che hanno lasciato il paese in cerca di una vita migliore. Maduro è stato costretto ad adottare misure economiche pragmatiche, lontane dal “socialismo del XXI secolo” che Chávez aveva sognato, nel tentativo di tenere a bada un’inflazione che ha raggiunto livelli storici.
Il Venezuela oggi rappresenta un caso studio della “maledizione delle risorse naturali”, dove le immense riserve di petrolio, pur monopolizzate dallo Stato, sono state gestite in modo da consolidare il potere politico a vantaggio di pochi e per mantenere la lealtà dei sostenitori, sia dalla destra che dalla sinistra. Questo scenario complesso e sfaccettato rende la cerimonia di giuramento di Maduro non solo un evento politico, ma un simbolo delle profonde contraddizioni e delle sfide che il Venezuela dovrà affrontare nei prossimi anni. Mentre il mondo osserva, la domanda che aleggia è se questo mandato sarà l’ultimo di una lunga serie di crisi o se segnerà l’inizio di un cambiamento radicale per il paese sudamericano.