La potenziale resa dei conti fra governo e opposizione venezuelana potrebbe scattare sabato, quando i sostenitori dell’autoproclamato presidente ad interim Juan Guaidò cercheranno di fare entrare nel Paese gli aiuti umanitari statunitensi bloccati alla frontiera con la Colombia dall’esercito. Un successo dell’iniziativa minerebbe alquanto l’autorità di Nicolas Maduro, anche perché di fatto significherebbe che l’opposizione può contare se non sull’acquiescenza per lo meno sulla neutralità operativa delle forze armate; tuttavia, il chavismo ha anche altre frecce al suo arco per quanto riguarda la propria autodifesa. Dalle Forze armate ai paramilitari.
FORZE ARMATE
Fatto non insolito nella vita politica del continente, le forze armate sono l’arbitro dei destini del Paese: lo sapeva Chavez (ex colonnello) e lo sa Maduro, e non a caso il regime ha ricoperto generali e alti ufficiali di prebende e privilegi. Non è sorprendente quindi che la “cupola” delle forze armate – che in base all’articolo 328 della Costituzione sono “apolitiche” – si sia schierata dalla parte del regime. Meno ovvio è che questa lealtà esista anche a livello della media ufficialità e delle truppe, oggetto del corteggiamento incessante dell’opposizione, al momento però con scarso successo. Ciò detto, il numero di effettivi delle tre armi (alla quale vanno aggiunte la Guardia Nazionale Bolivariana, con compiti di ordine interno) non supera i 140mila, un terzo per dire di quelle colombiane.
POLIZIA
Dopo un’iniziale decentralizzazione a livello statale e provinciale, sul modello statunitense, nel 2009 è stata reintrodotta la Policia Nacional che dal 2017 conta con una sezione particolarmente temibile: le Furzas de Acciones Especiales (Faes) considerate da alcune ong alla stregua di veri e propri “squadroni della morte”, responsabili di migliaia di omicidi. Come notano gli esperti, si tratta di commando il cui addestramento è di tipo militare e non strettamente di vigilanza dell’ordine pubblico. In altre parole, vengono usati in operazioni di repressione e non di contenimento.
FORZE PARAMILITARI
A dispetto dell’esiguità delle forze armate – e grazie alla leva obbligatoria – il Venezuela può contare potenzialmente su oltre un milione e mezzo di riservisti dell’esercito, organizzati dal 2007 nella Milizia Bolivariana: una forza di entità teoricamente pari al 6% della popolazione su cui il regime almeno a parole fa molto affidamento, ma la cui efficacia e preparazione rimangono tutte da dimostrare. Infine, rimangono i cosiddetti “colectivos”, ispirati ai Comitati per la Difesa della Rivoluzione cubani e i cui compiti originari erano di sorveglianza e contrasto di alcune attività criminali come lo spaccio di droga e di raccolta di informazioni; non sono di facile classificazione, dal momento che possono consistere di semplici civili, paramilitari o ex militari, non sempre armati.
Presumibilmente, nell’ipotesi che l’esercito non voglia (ancora) sporcarsi le mani o essere costretto ad una scelta di campo irrevocabile, in attesa di vedere come evolverà la situazione, milizie e “colectivos” potrebbero essere le forze schierate al confine per contrastare l’ingresso nel Paese degli aiuti umanitari. Le possibili scelte della cupola militare infatti non si limitano al dualismo fra Maduro e l’opposizione, che molti considerano fin troppo legata agli Stati Uniti e quindi erede diretta della destra il cui malgoverno è stato il seme del chavismo. L’attuale leader – che al contrario di Hugo Chavez, non è un “compagno d’armi” – potrebbe anche divenire sacrificabile in un’ottica di sostanziale continuità del regime, sempre che un suo abbandono renda meno pesanti le sanzioni e più gestibile la situazione economica.