Verdini: siamo al governo con un viceministro, federazione centristi entro referendum
MANOVRE AL CENTRO Il leader di Ala: “Berlusconi è una rockstar che si porta appresso il suo elettorato. Lui fiuta l`aria e decide”
“Primum vincere” il referendum del 4 dicembre con una affermazione del sì alla riforma della Costituzione. Ma nel frattempo “lavorare alla nascita di una federazione di centro, come ho detto ad Alfano: tutti insieme e ognuno a casa propria inizialmente, così non ci sono problemi”. Perché “bisogna unirsi per costruire una forza autonoma moderata che dia risposta a quanti non vogliono accettare il primato dei populisti”. E “bisogna fare in fretta”. Ed un primo passo è stato fatto, perché ora grazie a Zanetti “siamo anche rappresentati al Governo con un viceministro all’Economia”. Denis Verdini spiega che la confluenza in unico gruppo parlamentare alla Camera di Ala e della parte di Scelta Civica guidata Zanetti che del partito fondato da Mario Monti è formalmente il segretario e il titolare del simbolo e che del governo Renzi è viceministro all’Economia, vuole essere solo un passo in più verso una rapida federazione fra le forze centriste alleate di Matteo Renzi nella maggioranza di governo, Ncd di Angelino Alfano in testa. Un’ unica gamba centrista della maggioranza, dunque, che potrà pesare di più sulla lettura del risultato del referendum costituzionale che sarà data al Quirinale e a palazzo Chigi da cui dipende l’esito di questa legislatura. A tal proposito “io non credo – dice Verdini- che Renzi sarebbe bruciato se vincesse il no, così come non credo che si andrebbe al voto nel 2017 se vincesse il sì. Sono cose che accreditano quelli che nella campagna per il referendum non hanno argomenti per opporsi alla riforma”.
Il fondatore di Ala, in ogni caso, è convinto che il 4 dicembre gli italiani diranno sì alla riforma costituzionale del governo Renzi approvata di misura dal Parlamento, a dispetto dell’incertezza dei sondaggi. “I sondaggi – ha evidenziato Verdini- danno un testa a testa. Ma se valutiamo tutte le forze che si oppongono alla riforma, il no dovrebbe essere accreditato almeno del 65%. Se non è così, è perché nel merito la stragrande maggioranza dei cittadini è favorevole al cambiamento. E quanti lo avversano, compresi insigni costituzionalisti, sono costretti ad arrampicarsi sugli specchi. Tranne essere poi battuti in tv da un giovanotto che ha studiato sui loro testi. Mai come stavolta il risultato sarà frutto del personale convincimento degli elettori, su cui i partiti non sembrano incidere. Secondo me il fronte del no ha raggiunto il suo picco massimo. Anche sotto il profilo mediatico ha detto tutto quello che poteva dire, cioè “mandiamo Renzi a casa. Mentre il fronte del Sì non può che crescere, perciò date una mano a Pera e Urbani con i comitati”. D’altra parte Verdini è convinto che la campagna aggressiva e in prima persona a sostegno del sì adottata da Matteo Renzi è giusta e darà i suoi frutti. “Ma che doveva fare? Visto come è andata con il referendum sulle trivelle? Non è passato perché non ha raggiunto il quorum. Stavolta il quorum non c`è e lui doveva chiamare alla mobilitazione. Ha fatto bene. Lo vedrete”. D’altra parte, dice ancora il leader Ala, “io penso che la vittoria del sì risolverebbe i problemi anche di chi vota no. Questa storia che si legge, che il referendum sarebbe appoggiato dai poteri forti, è una boiata pazzesca. Certo, le riforme le vuole l`Europa, le appoggia Confindustria. Ma il vero potere forte, la finanza internazionale, è pronto a fare il suo mestiere. E se l`Italia finisse in una tempesta speculativa, ditemi: chi ci rimetterebbe?”.
Vittoria del sì al referendum, federazione dei centristi di maggioranza, Renzi premier comunque vada, dunque, sembrano le priorità di Verdini. Che invita invece ad aspettare il giorno dopo il referendum e ad evitare forzature prima sia sul fronte della riforma elettorale che della riapertura del dialogo con Silvio Berlusconi. “Renzi – dice sulla possibile revisione dell’Italicum su cui il Pd si sta giocando l’unità interna- si è dichiarato disponibile a cambiarlo” ma “è inutile affannarsi a proporre un testo adesso. Semplicemente perché in una trattativa – che ci sarà – la prima cosa che si fa è bocciare il testo altrui”. Quindi, a suo giudizio, ora ci si dovrà ora limitare “a declinare i principi” mentre “il resto viene con il progressivo avanzamento degli accordi”. Nei quali, secondo Verdini, Forza Italia e Berlusconi potranno essere chiamati al tavolo ma solo dopo il referendum e in un coinvolgimento più complessivo che potrà riguardare anche il governo. “Lasciate stare Silvio – dice Verdini – sbagliereste a dare una rappresentazione meschina del suo atteggiamento, che potrebbe apparire opportunistico. Lui è una rockstar che si porta appresso il suo elettorato. Lui fiuta l`aria e decide”. Ed adesso è schierato per il no con il centrodestra. A dicembre, invece, a risultato referendario acquisito, una collaborazione potrà essere riconsiderato anche alla luce degli sviluppi della delicatissima situazione complessiva del Paese. “Siamo immersi – conclude Verdini- in una lunghissima fase di difficoltà economica, abbiamo un sistema di welfare che entro venti anni così com`è sarà insostenibile, c`è l`emergenza terrorismo e un fenomeno migratorio senza precedenti. In questo contesto spuntano i Grillo, i Farage, gli Orban, quelli di Podemos… E allora, non dico che destra e sinistra non esistano più, figurarsi. Ma di fronte a questi problemi bisogna trovare una forma di unità delle forze di sistema. Non chiamiamole larghe intese, è una definizione politica che appartiene al Novecento. Parliamo di un`alleanza tra pragmatici”.