Un’inversione a 180 gradi in senso anti-orario. Una mezza piroetta da ovest a est innescata dal voto di protesta ma anche da legami antichi e profondi, mai venuti meno. E’ l’inversione di rotta decretata dalle elezioni presidenziali in Bulgaria e Moldova dove i candidati filo-Ue hanno subito una pesante batosta, in favore dei neo-eletti presidenti Rumen Radev (foto con Putin) e Igor Dodon, che hanno fatto della loro voglia di riallacciare le relazioni con Mosca il cavallo di battaglia. E anche se in entrambi i Paesi il ruolo di capo di stato è più che altro cerimoniale, lo scossone politico è più che reale. In Bulgaria, dove il presidente è comandante in capo delle forze armate che fanno parte della Nato, le posizioni del neo-eletto Radev, militare di carriera, hanno catturato il voto di protesta, quello dei socialisti per cui era candidato, ma anche di molti elettori di partiti che hanno appoggiato il governo del premier Boiko Borisov. Il capo dell’esecutivo, intanto, dopo la netta vittoria dell’ex capo dell’aeronautica militare (59,35%) ai danni della presidente del Parlamento Tsetska Tsatcheva, ha deciso di dimettersi, avviando un periodo di instabilità politica che potrà concludersi soltanto con le nuove elezioni anticipate in primavera.
In Moldova quasi la stessa musica, seppur con risvolti geopolitici più marcati. Il candidato filorusso Dodon ha ottenuto il 55,3% dei voti, mentre la candidata pro-europea Maia Sandu il 44,7%. Una netta presa di posizione dell’elettorato moldavo sulla politica estera futura del Paese, diventato nuova frontiera di “conquista” tra Ue e Russia. La Moldova, infatti, ha firmato l’accordo di associazione con Bruxelles, ma lo stallo politico, le mancate riforme e la dilagante corruzione hanno causato una netta disaffezione da parte dell’elettorato, che è tornato a guardare alla Russia, suo mercato di sbocco per molti prodotti interni. Inoltre Dodon ha annunciato che intende, tra i primi provvedimenti (che dovranno comunque essere approvati da governo e Parlamento) disdettare la parte economica dell’accordo con l’Ue, per poter riprendere i commerci con la vicina Mosca. E all’amica Russia ha promesso già che dedicherà la sua prima visita ufficiale. Una dichiarazione che non lascia dubbi sull’asse che il presidente moldavo intende seguire per rilanciare l’economia del piccolo Paese, il più povero della regione. Ecco in dettaglio lo scenario.
BULGARIA Dopo la vittoria di Rumen Radev in Bulgaria, si attendono mesi di stallo. L’attuale capo di stato Rosen Plevneliev dovrà avviare le consultazioni per la formazione di un governo ad interim in cui il Gerb non ha intenzione di partecipare. Quando poi Radev assumerà l’incarico, il prossimo 22 gennaio, sarà suo compito quello di indire le elezioni anticipate con molta probabilità a primavera. Anche se il Gerb del premier dimissionario resta il partito più forte a livello nazionale i nuovi sondaggi segnalano che non sarà in grado di ottenere una maggioranza per governare da solo. Inoltre i temi della campagna di Radev, la sicurezza nazionale e politiche per prevenire un nuovo flusso migratorio, potranno essere portate avanti dai socialisti anche in vista delle elezioni politiche, grazie all’ondata di consensi ottenuti nelle ultime settimane. Oltre al fronte interno, la vittoria di Radev cambia anche il volto della Bulgaria in politica estera: il generale, infatti, ha dichiarato apertamente la sua scelta di lavorare per togliere le sanzioni europee contro Mosca per la crisi ucraina.
Inoltre le dichiarazioni ambivalenti su Ue e Nato hanno spinto gli analisti a avanzare le ipotesi di una possibile revisione in senso filo-russo dell’integrazione euroatlantica del Paese, che dipende quasi completamente dal gas russo per la sua energia. “La vittoria del generale Radev rappresenta il manifestarsi di uno scenario filo-russo in Bulgaria, con il Paese che sostiene gli interessi russi nella Nato e nell’Ue”, ha dichiarato il politologo Antoniy Galabov. Nel suo primo discorso, dopo i risultati, Radev ha dichiarato di voler lavorare con il nuovo presidente Usa Donald Trump per “cercare un dialogo più ampio” e con il presidente russo Vladimir Putin. La vittoria di Radev segna un deciso cambio di passo anche rispetto al presidente uscente Plevneliev, sempre critico di Mosca, accusata ieri, proprio dal capo di stato in carica di cercare di “destabilizzare l’Europa” finanziando gli ultra-nazionalisti anti-Ue nei Balcani, inclusa la Bulgaria.
MOLDOVA Incastrata tra Ucraina e Romania, la piccola nazione di 3,5 milioni di abitanti, è al centro di una nuova contesa tra Russia e Occidente. E questo round è andato apertamente a Mosca. Con la vittoria di Dodon, infatti, l’asse a Chisinau si sposta nuovamente ad Est. Le sue posizioni, diametralmente opposte a quelle dell’avversaria Maia Sandu, filo-Ue, economista alla Banca Mondiale ed ex ministra dell’Istruzione, puntano tutto sul rafforzamento dei legami sia economici che politici con Mosca. E se Sandu aveva rinnovato l’appello per il ritiro dei migliaia di soldati russi dalla regione separatista della Transdnistria (altro punto controverso della campagna elettorale), Dodon aveva dichiarato in campagna elettorale: “La prima visita ufficiale da presidente sarebbe in Russia. Dobbiamo trovare un linguaggio comune su alcune questioni molto importanti: export, migrazione, la questione della Transdnistria. Dopo andrei a Bruxelles, dove discuterei i problemi di collaborazione bilaterale e poi a Bucarest e a Kiev”.
Altro tema portante della campagna elettorale e simbolo della divisione delle due anime del Paese il cammino europeo di Chisinau. L’accordo di associazione firmato dalle autorità moldave era stato duramente criticato da Mosca che aveva imposto un embargo su un settore cruciale dell’export moldavo, quello agricolo, con le conseguenti proteste degli agricoltori, che hanno visto in Dodon la possibilità di riaprire quel canale vitale. Il Paese, indipendentemente dai prossimi legami che stringerà, resta stretto nella morsa della povertà e della corruzione. Uno degli ultimi scandali è quello del 2014, quando 920 milioni di euro (circa il 10% del Pil moldavo) scomparvero dalle tre banche principali del Paese, ne seguirono l’arresto dell’ex premier Vlad Filat e manifestazioni di piazza. In un recente report pubblicato da Transparency International la Moldova è stata definita “la lavanderia regionale per soldi di dubbia origine”. Il 41% della popolazione vive con circa 4,6 euro al giorno e un salario medio di circa 220 euro, secondo la Banca Mondiale. (con fonte afp)