Interesse ma nessuna pressione dal governo Renzi sulla Banca d’Italia per intervenire a favore di Banca Etruria. Di fronte alla commissione d’inchiesta sulle banche, il numero uno di Palazzo Koch, Ignazio Visco, rivela le richieste d’informazioni ricevute da Via Nazionale sia dall’ex premier, Matteo Renzi, che dall’allora ministro, Maria Elena Boschi, ma nega che ci sia stata “insistenza” o “sollecitazione” e precisa di aver parlato di vigilanza solo con il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan. Visco difende poi l’operato della Banca d’Italia ma ammette: sulla Popolare di Vicenza “potevamo essere piu’ svegli”. Nel suo racconto il governatore ricorda che l’ex premier nel 2014 gli chiese informazioni sull’aggregazione tra Banca Etruria e Popolare di Vicenza ma, sottolinea , “io non risposi”. “Nel primo incontro si parlo’ di boyscout – racconta – nel secondo si parlo’ di economia e questioni internazionali e nel terzo incontro a Chigi con Padoan e Delrio parlammo di economia italiana e mondiale e poi lui (Renzi ndr) chiese perche’ la Popolare di Vicenza si voleva comprare questi di Arezzo e parlo’ degli orafi. Era l’aprile del 2014. Io non risposi. La presi come una battuta, questa sugli orafi, e come tale risposi, non entrai per niente nelle questioni di vigilanza. In un successivo incontro, parteciparono sempre Padoan e Delrio a colazione da noi – prosegue Visco – ci fu la richiesta di Renzi di parlare di banche in difficolta’ e io risposi che di banche in difficolta’ parlo solo con il ministro dell’Economia. Non ebbi mai nessuna tentazione, ma sicuramente lui la domanda la fece”. Visco riconosce che il suo livello di attenzione all’epoca su Etruria “era modesto” ma “era molto alto su quel che riguardava la vigilanza”.[irp]
Da Renzi, assicura, “non c’e’ stata insistenza” ma solo una richiesta che il governatore giudico’ “divertente”. Ne’ alcuna pressione o richiesta di favori e’ arrivata dalla Boschi che incontro’ il vicedirettore di Palazzo Koch, Fabio Panetta, “in due occasioni”. “Avevamo gia’ detto che non avremmo parlato di questioni di vigilanza riservate. Panetta mi riferi’ che non ci fu nessuna domanda di interventi particolari della Banca d’Italia, ma dispiacere e preoccupazione per le conseguenze per il territorio”. “Pressioni no, siamo persone mature che sanno che di certe cose non si parla e non ne abbiamo parlato”, aggiunge Visco. E tiene a sottolineare che nessun intervento sul caso Etruria fu sollecitato da Via Nazionale, che recepi’ solo l’interesse da parte della Popolare di Vicenza. Il governatore parla anche dei rapporti con i cinque governi con cui ha avuto a che fare (Berlusconi, Monti, Letta, Renzi e Gentiloni) e nega screzi con Renzi. “Nei miei colloqui con i presidenti del Consiglio non c’e’ mai stato uno screzio, sempre ampia condivisione”. Nella memoria letta di fronte alla Commissione, il governatore definisce infondate le accuse rivolte alla Banca d’Italia e sottolinea “il massimo impegno nell’esclusivo interesse del Paese” con cui ha agito l’istituto. “Abbiamo affrontato molte difficolta’, riuscendo a superarne tante nei limiti delle nostre competenze e del nostro mandato”. Il numero uno di Via Nazionale ammette che “le perdite sopportate dai risparmiatori nei casi in cui non e’ stato possibile risolvere altrimenti le crisi sono state diffuse e dolorose”.[irp]
Difende l’azione della Vigilanza che e’ stata “decisa” e “articolata” e riconosce ancora una volta che “la ‘mala gestio’ di alcune banche c’e’ stata”. Tuttavia, per Visco, “a determinare l’evoluzione del sistema finanziario italiano non e’ stata una vigilanza disattenta ma la peggiore crisi economica nella storia del nostro Paese”, che ha “fatto esplodere le situazioni patologiche”. Quanto ai rapporti con la Consob, il governatore non nasconde che ci sono stati problemi di comunicazione con l’autorita’ di vigilanza sulla Borsa che vanno risolti ma precisa che non sono stati “la causa della catastrofe” e che non c’e’ alcuno “scaricabarile”. Visco ricorda infine il rilievo che ha avuto nei lavori della bicamerale d’inchiesta il fenomeno delle cosiddette ‘porte girevoli’: “Si e’ adombrato il sospetto che la presenza di ex dipendenti della Banca d’Italia tra il personale delle banche abbia influito negativamente sull’accuratezza del lavoro della Vigilanza. Voglio ricordare che i nostri ispettori svolgono la propria attivita’ nella veste di pubblici ufficiali e che in oltre 120 anni di storia della Banca d’Italia non ci risulta vi sia mai stato un ispettore che nell’esercizio della propria funzione si sia reso colpevole di omessa vigilanza, o sia stato condannato per corruzione o concussione”.[irp]