Vivendi, Ue chiede di notificare misure che tutelano Mediaset
Approvate in decreto Ristori, devono rispettare sentenza Corte Ue
La Commissione europea ha confermato oggi a Bruxelles che i suoi servizi hanno scritto nuovamente al governo italiano, dopo una prima lettera un mese fa, nel quadro del dialogo con le autorità nazionali a seguito della sentenza emessa il 3 settembre scorso della Corte europea di Giustizia sulla vicenda Vivendi-Mediaset. Questa seconda lettera reitera, in sostanza, la richiesta al governo di notificare a Bruxelles le misure prese con il Dl sul Covid-19 (decreto Ristori) che prevedono un dispositivo di sorveglianza da parte dell’Agcom a tutela del pluralismo dei media in Italia, ma che in realtà appare più come un dispositivo volto a proteggere Mediaset sul mercato azionario, in particolare dai tentativi di take over dalla francese Vivendi.
La Commissione aveva scritto la prima lettera, prospettando una verifica di compatibilità con la legislazione Ue, quando il decreto legge era stato approvato ancora solo dal Senato. Il 13 novembre, una portavoce aveva annunciato che l’Esecutivo comunitario avrebbe analizzato la legge “dopo la sua adozione definitiva da parte dei legislatori italiani e delle autorità competenti, per verificare se rispetta il diritto dell’Ue”. La nuova lettera è stata inviata all’Italia, appunto, dopo l’approvazione definitiva del testo da parte di entrambi i rami del Parlamento. “La Commissione – ha ribadito nel pomeriggio un portavoce dell’Esecutivo comunitario, interpellato a proposito di un articolo sulla vicenda pubblicato oggi in Italia – riconosce la massima importanza alla tutela del pluralismo dei media. Tuttavia, le misure nazionali devono essere proporzionate a tale obiettivo e quindi non andare al di là di quanto necessario per raggiungerlo, tenendo conto anche della libertà d’impresa nel mercato unico europeo”.
“Le autorità italiane – ha aggiunto il portavoce – devono garantire che le leggi nazionali volte a proteggere il pluralismo dei media rispettino le libertà economiche del Trattato Ue, così come interpretate dalla Corte di Giustizia, anche nella recente sentenza Vivendi”. La sentenza ha rimesso in discussione il modo in cui veniva definito, nella Legge Gasparri, il “sistema integrato delle comunicazioni”, o Sim. In base a questa definizione, il dispositivo a tutela del pluralismo fissava, per le imprese in borsa, delle soglie massime di partecipazione al capitale delle aziende nell’ambito del Sim; e le soglie erano applicate sommando le azioni detenute in entrambi i mercati delle comunicazioni elettroniche, quello della trasmissione e quello della produzione di contenuti. Questo penalizzava in particolare Vivendi nella sua scalata a Mediaset, per via delle sue quote di capitale in Tim.
La Corte ha sottolineato invece “che il diritto dell’Unione, per quanto riguarda i servizi di comunicazione elettronica, stabilisce una chiara distinzione tra la produzione di contenuti e la loro trasmissione. Pertanto, le imprese operanti nel settore delle comunicazioni elettroniche, che esercitano un controllo sulla trasmissione dei contenuti, non esercitano necessariamente un controllo sulla produzione di tali contenuti”. Inoltre, pur ammettendo che “una restrizione alla libertà di stabilimento può, in linea di principio, essere giustificata da un obiettivo di interesse generale, quale la tutela del pluralismo dell’informazione e dei media”, la Corte ha considerato il sistema delle soglie previsto per il Sistema integrato delle comunicazioni “non idoneo a conseguire tale obiettivo”.