“Voglio disintossicarmi”: Genovese chiede i domiciliari

L’imprenditore in carcere per violenza sessuale. Parlano due ragazze

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Vuole essere trasferito dal carcere in una struttura per la disintossicazione della dipendenza dalla droga. E’ la mossa di Alberto Genovese, l’imprenditore digitale finito in carcere il 6 novembre scorso con l’accusa di aver drogato e violentato una 18enne durante una festa organizzata il 10 ottobre scorso nel suo maxi attico con vista sul Duomo di Milano. I suoi difensori hanno depositato istanza di scarcerazione chiedendo per lui gli arresti domiciliari da scontare in una struttura per la cura delle tossicodipendenze. La parola passa al gip Giulio Fanales.

Intanto, ieri, la Procura di Milano ha dato parere negativo alla richiesta avanzata al gip Tommaso Perna dalla difesa di Genovese, di disporre una perizia sugli audio relativi alla telecamere interne di ‘Terrazza Sentimento’. Audio che riguardano l’intera serata e di cui si chiede un’analisi da parte di esperti per verificare se la ragazza possa aver manifestato il suo consenso a ciò che è avvenuto successivamente. Per gli inquirenti gli audio sono disturbati e, quindi, una perizia potrebbe lasciare spazio alle interpretazioni più disparate e non oggettive. Nell’inchiesta l’imprenditore è accusato, tra denunce e testimonianze, di aver commesso violenze su altre giovani, tra Milano e Ibiza. Ed è anche indagato per trasferimento fraudolento di valori in un filone patrimoniale aperto per verificare le sue movimentazioni finanziarie anche per eventuali profili di frode fiscale e riciclaggio.

Nei giorni scorsi, Martina Facchini e Ylenia Demeo, assistite dall’avvocato Ivano Chiesa, hanno denunciato Genovese e così hanno deciso di uscire allo scoperto, per avvisare che quanto è accaduto a loro “può succedere a chiunque”. Ylenia ha vent’anni e fa la modella, Martina ne ha ventidue e frequenta lo Ied, al magazine Mow – Men on Wheelsche hanno raccontato che “tutti sapevano che accadeva, ma tutti lo temevano perché era potente e offriva tutto a tutti”. Anche droga nelle sue feste, a Terrazza sentimento, l’attico in pieno centro a Milano dove è stata violentata la diciottenne, ma anche a Ibiza e non solo. È a Ibiza che Martina dice di aver capito che qualcosa non andava, dopo aver visto in stato confusionale una delle ragazze che ha denunciato Genovese. “È stato lì che ho iniziato a realizzare che a me era successa la stessa cosa”, dice.

“Alberto Genovese – spiega Ylenia – diventava un mostro. Di base era bravissimo, buffo, intelligente, ti prendeva con la testa”, ma poi “si trasformava quando non dormiva due, tre giorni, strafatto di cocaina. Si incupiva e delirava”. “A ottobre – ricorda – poco prima che succedesse il casino che poi ha scatenato tutto il caso, io subisco la vicenda che ricordo. Ho solo dei flash, ma sono dei flash più lunghi, ricordo il dolore che provavo e adesso che ne riparlo è come se lo risentissi”. Da lui, assicurano le due ragazze, non hanno mai preso soldi. “Anzi. La mia agenzia – spiega Ylenia – ha perso fiducia in me proprio perché quando stavo con lui non rispondevo al telefono e ho tralasciato tantissime opportunità. Davo retta a lui che mi diceva che la donna non deve andare all’università e non deve lavorare”. Lo stesso per Martina: “Anche con me faceva certi discorsi, che la donna è stupida e anche se è intelligente non si deve applicare e non deve lavorare. Mi faceva: Tu a 24 anni ti trovi uno che ti mantiene, a 27 fai una famiglia, così hai il futuro garantito, perché una donna a 27 anni è da buttare”.