La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha sottolineato oggi a Strasburgo, durante il suo discorso “sullo stato dell’Unione” davanti alla plenaria dell’Europarlamento, la necessità di realizzare finalmente una Unione europea della difesa, prospettando anche su un “Centro comune di conoscenza situazionale”, che metta insieme le informazioni d’intelligence oggi frammentate fra i diversi Stati membri. Von der Leyen ha annunciato che l’Ue sta lavorando a una dichiarazione comune con la Nato riguardo alla cooperazione fra i due organismi, da presentare entro la fine dell’anno, che la Commissione proporrà una nuova legge europea sulla resilienza cibernetica, e che sta preparando insieme al presidente francese, Emmanuel Macron, un vertice sulla Difesa europea da convocare durante la presidenza di turno francese del Consiglio Ue, nel primo semestre del 2022. “Assistere a ciò che sta accadendo in Afghanistan è stato profondamente doloroso”, ha detto la presidente della Commissione, rendendo omaggio “al sacrificio di soldati, diplomatici e operatori umanitari che hanno perso la vita” in quel paese negli anni scorsi.
“Dobbiamo riflettere su come sia stato possibile che la missione si sia conclusa così bruscamente. Vi sono questioni profondamente preoccupanti che gli alleati dovranno affrontare all’interno della Nato. Ma non esistono problemi di sicurezza e di difesa per i quali la risposta sia una minore cooperazione. Dobbiamo investire nel nostro partenariato congiunto e attingere alla forza unica che caratterizza ciascuna delle parti. Questa però – ha avvertito von der Leyen – è solo una parte dell’equazione”. “L’Europa può, e chiaramente dovrebbe, essere in grado di fare di più in autonomia, e avere la volontà di farlo. In primo luogo, dobbiamo garantire stabilità nel nostro vicinato e nelle diverse regioni”. A causa della sua geografia, “l’Europa sa meglio di chiunque altro che, se non ci si occupa tempestivamente delle crisi esterne, queste crisi si ripercuoteranno all’interno”. “In secondo luogo – ha continuato la presidente della Commissione -, la natura delle minacce che ci troviamo ad affrontare sta evolvendo rapidamente: dagli attacchi ibridi o informatici alla crescente corsa agli armamenti nello spazio”. E le minacce oggi possono venire anche dai cosiddetti “Stati canaglia” o da gruppi non statali.
“Non sono più necessari eserciti e missili per causare danni collettivi. Si possono paralizzare impianti industriali, amministrazioni cittadine e ospedali con un semplice computer portatile. Si può perturbare un intero processo elettorale con uno smartphone e una connessione a Internet”. In terzo luogo, ha aggiunto von der Leyen, “l’Unione europea è un garante della sicurezza unico nel suo genere. Vi saranno missioni in cui la Nato o l’Onu non saranno presenti, ma a cui l’Ue dovrebbe partecipare. Sul campo, i nostri soldati lavorano fianco a fianco con agenti di polizia, avvocati e medici, con operatori umanitari e difensori dei diritti umani, con insegnanti e ingegneri. Possiamo combinare aspetti militari e civili, diplomazia e sviluppo; abbiamo inoltre grande esperienza nella costruzione e nella protezione della pace”. “Negli ultimi anni – ha ricordato – abbiamo iniziato a sviluppare un ecosistema europeo della difesa. Ma ciò di cui abbiamo bisogno – ha sottolineato – è una Unione europea della Difesa. Nelle ultime settimane si sono svolte numerose discussioni sulle forze di spedizione, sulle loro tipologie gruppi tattici o forze di intervento dell’Ue. La questione fondamentale, però, è il motivo per cui in passato tutto questo non ha funzionato. Si possono avere le forze più avanzate al mondo, ma se non si è mai pronti a utilizzarle, qual è la loro utilità? Ciò che ci ha frenato finora non è solo una carenza di capacità: è la mancanza di volontà politica”, ha rilevato la presidente della Commissione.
Secondo Von der Leyen, è arrivato il momento di “gettare le basi per un processo decisionale collettivo, con quella che si può definire ‘conoscenza situazionale’. Se gli Stati membri attivi nella stessa regione non condividono le loro informazioni a livello europeo, siamo destinati a fallire. È essenziale quindi migliorare la cooperazione in materia di intelligence; e non si tratta solo di intelligence in senso stretto, ma della necessità di accorpare le conoscenze provenienti da tutti i servizi e da tutte le fonti, dallo spazio ai formatori del personale di polizia, dall’open source alle agenzie di sviluppo. Dal loro lavoro scaturisce un patrimonio di portata e profondità uniche”. E’ un patrimonio che “esiste già, ma che possiamo usare per prendere decisioni informate solo se disponiamo di un quadro completo della situazione; e al momento non è così. Abbiamo le conoscenze, ma separate. Le informazioni sono frammentarie. Per questo – ha osservato la presidente della Commissione – l’Ue dovrebbe prendere in considerazione la creazione di un proprio ‘Centro comune di conoscenza situazionale’, che accorpi tutte le diverse informazioni, per essere meglio preparati, pienamente informati e in grado di decidere”.
Inoltre, ha proseguito la presidente della Commissione, “dobbiamo migliorare l’interoperabilità”, e “pensare a nuovi modi per utilizzare tutte le possibili sinergie. Ad esempio potremmo prendere in considerazione l’esenzione dall’Iva per l’acquisto di materiale di difesa sviluppato e prodotto in Europa”. Infine, “non si può parlare di difesa senza parlare di cibernetica. Se tutto è connesso, tutto può essere piratato. Dato che le risorse sono scarse, dobbiamo unire le nostre forze. E non dovremmo limitarci ad affrontare le minacce informatiche, ma dovremmo cercare anche di conquistare un posto di primo piano nella sicurezza cibernetica. Abbiamo bisogno di una politica europea della difesa cibernetica, compresa una legislazione su norme comuni nel quadro di una nuova legge europea sulla resilienza cibernetica”. “È tempo – ha concluso la presidente della Commissione – che l’Europa passi alla fase successiva”.