Mai prima d’ora la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, aveva delineato con tanta chiarezza le sue intenzioni riguardo all’alleanza con la premier italiana, Giorgia Meloni. Nel recente dibattito tra Spitzenkandidat, al quale non hanno partecipato i gruppi di destra Id ed Ecr, von der Leyen ha tracciato una linea netta sui criteri essenziali per collaborare con gli eurodeputati: devono essere pro-Europa, pro-Ucraina (quindi anti-Putin) e pro-Stato di diritto. Questa posizione ha suscitato reazioni contrastanti tra i diversi schieramenti politici presenti al Parlamento europeo.
Sul palco allestito all’emiciclo del Parlamento europeo a Bruxelles, la candidata del Ppe ha evidenziato i punti chiave della sua visione. “Gli eurodeputati con cui lavorare devono rispondere a tre criteri: pro-Europa, pro-Ucraina e pro-Stato di diritto,” ha dichiarato con fermezza. Quando le è stato chiesto della sua relazione con Meloni, von der Leyen ha risposto: “Ho lavorato molto bene con Giorgia Meloni nel Consiglio europeo, come faccio con tutti i capi di Stato e di Governo. È il mio compito come presidente della Commissione. Lei è chiaramente europeista, è contro Putin. È stata molto chiara su questo punto e a favore dello Stato di diritto. Se ciò continua, offriamo di lavorare insieme.”
Questa apertura verso Meloni arriva in un momento delicato, con von der Leyen che deve fronteggiare la resistenza di altri alleati. Ha sottolineato l’importanza di costruire una maggioranza al Parlamento europeo per portare avanti un’Europa forte, riconoscendo le diversità di voto all’interno dell’assemblea. Tuttavia, ha precisato che questa apertura non si estende automaticamente a tutto il gruppo Ecr, di cui Meloni fa parte. “Non è quello che ho detto. Sto parlando dei deputati del Parlamento europeo. Voglio vedere dove si raggruppano. E poi lavoriamo con i gruppi che sono chiaramente pro-Europa, pro-Ucraina contro Putin e per lo Stato di diritto,” ha puntualizzato.
Von der Leyen ha distinto chiaramente la posizione di Meloni da quella di altri esponenti della destra europea, come il Rassemblement National in Francia o l’Afd in Germania, definendoli “amici di Putin” e avversari dell’Europa. Questa distinzione è significativa e segnala una spaccatura netta con gli alleati tradizionali come i socialisti del Pse e i liberali di Renew. “Sono pronto a lavorare con tutte le forze democratiche ma non considero che l’Ecr o l’Id siano forze democratiche. Hanno una visione molto diversa dell’Europa, basta vedere nei Paesi dove sono al governo,” ha affermato Nicolas Schmit, lo Spitzenkandidat socialista.
Le dichiarazioni di von der Leyen su Meloni hanno ricevuto critiche anche da parte dei Verdi. Terry Reintke ha evocato scenari storici preoccupanti, ricordando come negli anni ’20 e ’30 i conservatori e i liberali sottostimarono la minaccia dell’estrema destra. Ha avvertito che un’alleanza Ppe-Ecr sarebbe “un disastro per il clima, un disastro per la natura, per le generazioni del futuro ma anche per l’economia”. Mentre il dibattito tra i cinque Spitzenkandidat si intensificava, il gruppo di Identità e democrazia affrontava altre tensioni interne, escludendo la delegazione tedesca di Afd. “Il Gruppo Id non vuole più essere associato agli incidenti che hanno coinvolto Maximilian Krah, capolista dell’Afd per le elezioni europee,” ha spiegato la direzione in una nota.
La replica da Berlino non si è fatta attendere, con Afd che si è mostrata ottimista per il voto e fiduciosa di trovare nuovi partner affidabili nella prossima legislatura. In sintesi, la posizione di Ursula von der Leyen segna un punto di svolta nelle alleanze politiche europee, con un’apertura selettiva verso Meloni ma con una chiara distinzione rispetto agli estremisti di destra. Le sue parole riflettono la complessità delle dinamiche politiche europee e l’urgenza di formare coalizioni che possano sostenere un’Europa unita e forte.