Politica

Zingaretti sprona premier e alleati: serve “colpo d’ala”. Ma non entra al governo

Diventerà un mantra la richiesta di una “svolta”, di un “colpo d’ala”, di un “cambio di passo” che il Pd da lunedì rivolge al governo. Nicola Zingaretti è convinto che non si possa continuare come si è fatto nel primo anno della strana alleanza Pd-M5s, il leader democratico vuole far pesare i nuovi rapporti di forza usciti dalle urne, ma intende farlo restando al suo posto alla guida del Pd perché, assicurano, non ha nessuna intenzione di entrare al governo come vice-premier. Anche perché il leader democratico, racconta un parlamentare Pd, sa bene che il voto ha sì reso il governo “più forte”, come ripete in pubblico, ma ha anche fatto esplodere definitivamente lo scontro dentro M5s e nessuno è in grado di prevedere quale sarà l’esito di questa sfida nel Movimento.

Per questo Zingaretti, anche oggi, ha insistito: “Mi permetto di dire che ora è tempo per tutta l’alleanza di un colpo d’ala, un grande progetto per la rinascita che ridia speranza a chi rischiava di perderla”. Ci vuole una strategia e un’idea di paese condivisa, è il senso del ragionamento, non si può continuare a governare approvando un giorno una proposta del Pd e il giorno dopo una proposta M5s, senza un disegno comune, solo per permettere a ciascuno di piantare la propria bandierina. Per questo anche il vice-segretario Andrea Orlando spiega che non è il momento di parlare di rimpasti o di fare entrare Zingaretti al governo come vice-premier. Su Zingaretti vice-premier Conte ha più volte dato il proprio ok, ma il numero due Pd frena: “E’ l’ultimo dei problemi. Questa è una valutazione che viene dopo, ora c’è da discutere qual è l’agenda”.

Del resto, lo stesso Conte è convinto che l’idea di un rimpasto debba essere rimandata, come il premier ha detto allo stesso segretario Dem. In questo momento, alla luce della crisi dei Cinque stelle, apportare delle modifiche alla squadra potrebbe destabilizzare tutto l’esecutivo e in questo momento, con la manovra e il Recovery plan da scrivere e la “mina vagante” del Mes, non è opportuno creare ulteriori problemi, soprattutto pensando ai numeri (scarsi) del Senato. Per questo l’idea è di superare la fine dell’anno senza cambiamenti, vedere l’evoluzione del Movimento, e poi, da gennaio, se le acque saranno più calme, eventualmente intervenire. E la tenuta dei 5 stelle preoccupa in realtà anche il Pd. Nessuno può scommettere ora su quello che accadrà, il Movimento da questo punto di vista è imprevedibile e già in queste ore si vede la tentazione di “tornare alle origini”, con lo stesso Beppe Grillo che dice di preferire il referendum al Parlamento.

Per questo il Pd adesso intende piantare dei paletti ben precisi: la proposta di Luigi Di Maio di procedere ora con il taglio degli stipendi dei parlamentari è stata già respinta e Orlando avverte: “M5s non può continuare sempre con l’antipolitica”. Di sicuro il Pd non intende assecondare altri strappi, dopo aver fatto la propria parte sul taglio dei parlamentari. Anche il reddito di cittadinanza “va ripensato”, dice il numero due Pd. E i decreti sicurezza vanno approvati subito, insiste Zingaretti. Perché il Movimento ora, secondo i vertici democratici, deve scegliere cosa fare da grande. Dunque, sostegno al governo ma a patto che “faccia le cose” e, per ora, non si parli della squadra. Per quello c’è tempo, se M5s non metterà a rischio l’esecutivo.

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